Da CHI Magazine: Le nuove frontiere della medicina – Così sono tornata a camminare

Carola Uber, Baceno (Verbania)

L’emozione più grande? Quando sono tornata nel mio paese. Sono partita che non stavo in piedi e una settimana dopo sono tornata che camminavo», si commuove ancora Stefania Vanini, quando racconta la sua incredibile storia, quella di una giovane donna di Baceno, paesino di 952 anime nella Val d’Ossola, che per 32 anni ha creduto che non avrebbe mai camminato normalmente, senza il sostegno di qualcuno 0 qualcosa, e che invece, un giorno, quasi all’improvviso, ha scoperto di poter scalare le sue montagne da sola.

Domanda. Tutto é iniziato quando…

Risposta. «Quando ho fatto i primi passi. I miei genitori si sono accorti subito che c’era qualcosa che non andava: ne facevo uno avanti e due indietro. Da li sono iniziate le visite mediche, ma i dottori della zona non avevano la minima idea di che cosa avessi. A 9 anni cosi sono stata ricoverata all’Istituto nazionale neurologi-
co Carlo Besta di Milano, ma anche qui dagli esami non risultava niente di preciso, finché é stata emessa la diagnosi di sospetta atassia spastica familiare. Negli anni altri grandi ospedali non hanno fatto altro che confermare questa diagnosi, secondo la quale la mia condizione sarebbe a mano a mano degenerata, fino a costringermi definitivamente sulla sedia a rotelle. Una condanna alla quale non mi sono mai arresa».

 

D. Che cosa la faceva sperare?

R. «Invece di peggiorare,attraversavo periodi in cui camminavo malissimo e altri in cui camminavo meglio; anche nell’arco della stessa giornata la mia mobilità era altalenante e molto dipendeva dal mio stato emotivo. Per esempio, se mi sentivo osservata, mettere un piede davanti all’altro risultava difficilissimo. Il soffrire di atassia si é fatto più pesante a partire dal 2000, quando, anche qui a Baceno é arrivato Internet: inserendo il nome della malattia nei motori di ricerca trovavo sintomi in cui non mi riconoscevo; un giorno, poi, ho letto che con l’esame del Dna avrei potuto scoprire l’origine della mia malattia. Cosi sono tornata al Besta e mi sono sottoposta all’ esame ma mi dissero che per tutte le ricerche ci sarebbe voluto molto tempo».

 

D. L’attesa quanto é durata?

R, «Due anni. Nel 2002 sono tornata nello stesso istituto per provare un trattamento con la tossina botulinica e in quell’ occasione sono stata visitata dalla dottoressa Paola Soliveri, unica che mi ha veramente ascoltato: ha voluto sapere tutta la mia storia dal principio, ha ripreso in mano la mia cartella clinica, ha analizzato i miei sintomi e, soprattutto, ha preso sul serio i miei dubbi sul fatto che non si trattasse di atassia spastica. E, nel giro di un mese, ha emesso la sua diagnosi, confermata da un’analisi mirata su quel Dna prelevato due anni prima: distonia responsiva alla levodopa».

 

D. Ea quel punto?
R. «Sono stata di nuovo ricoverata e dopo due o tre giorni di trattamento con questo farmaco a base di levodopa, utilizzato anche per i malati di Parkinson, gia camminavo normalmente: mi appoggiavo al muro per abitudine, ma in realtà non ne avevo bisogno. Non avendo mai camminato normalmente avevo un difetto
di postura che ho dovuto correggere con la fisioterapia».