LA STAMPA: STEFANIA VANINI, EX CAMPIONESSA DISABILE DI BACENO, CORREGGE LA DIAGNOSI CON L’ ESAME DEL DNA

Lascia la carrozzina dopo 23 anni. Ora aiuterò chi soffre

Meno di quattro anni fa, il 5 dicembre 2001, veniva ricevuta in udienza da Papa Giovanni Paolo II assieme ai compagni atleti disabili del GSH Sempione 82 e, «ammessa al baciamano», si presento al Pontefice sulla carrozzina. Oggi Stefania Vanini, 35 anni, di Baceno, cammina e corre sulle sue gambe. Scala addirittura le montagne e viaggia in tutto il mondo. Sorride alla vita.

Non é un altro miracolo da ascrivere al «Papa Santo», ma poco ci manca. Lasciare la sedia a rotelle
dopo 23 anni non é davvero cosa da tutti. Di certo c’entrano invece le nuove tecnologie. Internet, in parti-
colare. E la sua straordinaria forza di volontà.

Stefania non si é mai arresa alla diagnosi che gli specialisti dell’Istituto Besta di Milano le assegnarono ancora da bambina: «sospetta atassia spastica familiare, una grave malattia neurologica che conduce all’invalidità totale. E cosi é stato per anni, con le sofferenze a scuole e gli imbarazzi di gioventù, mitigate dagli affetti familiari e dagli amici. I successi sportivi.

Poi, la svolta. Proprio nel periodo del viaggio a Roma. «Da un’interrogazione sul web per saperne di più -racconta Stefania – ho scoperto siti medici che descrivevano sintomi e aggravamenti progressivi dell’atassia in cui mi riconoscevo sempre meno. E quel “sospetta” lasciava almeno una porta aperta alla speranza. Che si é spalancata quando ho trovato un sito che consigliava l’esame del Dna per confermare la diagnosi genetica.

Stefania non perde tempo. Nell’autunno 2000 si ripresenta al Besta, chiede e ottiene di sottoporsi all’analisi, ma per il responso ci vogliono almeno due anni. E’ l’ottobre 2002 quando la neurologa Paola Soliveri scarta l’atassia e diagnostica la «distonia responsiva alla levodopa», che é curabile. E’ sufficiente una pastiglia di «madopar», farmaco impiegato anche nei parkinsoniani, per ripristinare la funzionalità della dopamina a livello cerebrale. Stefania tocca il cielo con un dito e con lei i suoi familiari: papà Giuseppe, artigiano edile in pensione, mamma Pia e il fratello Roberto, geometra, di due anni più grande. «Appena assunta la prima pastiglia – rivela l’ex campionessa dell’atletica leggera disabili, categoria F33 – ho subito avvertito i benefici. Trascorse poche ore, potevo gia cammirare». La fisioterapia, che prosegue tuttora, restituisce tonicità ai muscoli e completa il «miracolo».

Stefania é guarita: nell’agosto 2003 va in Kosovo come volontaria, l’estate scorsa partecipa ad un trekking in Nepal e trova anche il modo per arrampicare sulle montagne di casa, come la traversata Devero-Veglia, l’Arbola e La Rossa, «scortata» dallo zio guida alpina.

In Comune, il suo lavoro di impiegata part-time é passato a tempo pieno, con il relativo carico di mansioni. «L’abbiamo vista migliorare a vista d’occhio, condividendo la sua gioia giorno dopo giorno», dice il sindaco
Stefano Costa. E Stefania che nel frattempo ha cambiato pure l’auto, passando da quella con i comandi speciali, al modello normale, ha gia prenotato ‘un altro sogno: un trekking in Perù. Con un impegno costante: «Desidero continuare a stare vicino a chi soffre, come é stato fatto con me. Voglio che la mia storia insegni a non abbandonare mai la speranze, ma anche ad affrontare le difficolta».

Pietro Benacchio