Da CRONACA VERA: E’ solo merito suo se e’ tornata a camminare

Roberto Mandi, Baceno (Verbania)

Dopo aver vissuto ventitre anni d’inferno ha scoperto di essere affetta da una malattina molto meno grave di quella che le era stata diagnosticata e soprattutto trattabile con un farmaco.

Stefania Vanini, 35 anni, ha trascorso gran parte della sua vita su una sedia a rotelle in seguito alla tremenda diagnosi stabilita dai medici, che quando era ancora piccola le riscontrarono una “sospetta atassia”, malattia causata dalla degenerazione del midollo spinale e del cervello che agisce sui nervi e può portare all immobilità. Ma recentemente, solo grazie alla sua caparbietà, e’ tornata a camminare.

Ha scoperto da sola che la patologia che sembrava averla inesorabilmente colpita in realtà non era quella che le era stata diagnosticata, bensì un male serio ma meno grave che si può trattare con un farmaco. Stefania ha dovuto sopportare le mille difficoltà di una vita da disabile al cento per cento per ventitré anni.

Era ancora bambina quando cominciò il lungo calvario di visite ed esami per capire cosa si celava dietro a questo suo incedere sulle punte dei piedi tuta piegata sulla gamba destra. A nove anni, ricoverata all’Istituto Besta di Milano, un centro specializzato nelle malattie neurologiche, venne comunicata la tremenda notizia. Le dissero che le sue condizioni sarebbero peggiorate, che i suoi nervi si sarebbero contratti fino a portarla all’immobilitàtotale. Fini’ su una sedia a rotelle, con be poche speranze di guarire.

Momenti difficili

Mi ricordo tutto di quel periodo racconta la giovane donna. Alle elementari, quando suonava la campanella, aspettavo che tutti uscissero perché mi vergognavo, Per fare pochi passi ci mettevo un’eternità. Odiavo le fotografie di gruppo e cercavo sempre di mettermi in piedi, appoggiandomi a qualcuno dei miei amici, perchè non volevo che si vedesse la sedia a rotelle. Gli anni peggiori sono stati quelli delle superiori. «C’era chi si metteva a ridere vedendomi camminare, e io non volevo piú uscire di casa, trascorrevo le giornate davanti alle partite di calcio in tv. Non riuscivo ad accettarmi»

L’affetto dimostrato. dal papa, Giuseppe Vanini, 83 anni, e dalla mamma, Pia Pirazzi, 73 anni, e dagli amici le sono stati di grande aiuto. «Mi accompagnavano. dappertutto, in discoteca, nei viaggi. Mi sono stati molto vicini»

Non sempre gli estranei si sono di mostrati altrettanto bendisposti. Una volta venne persino cacciata da una pizzeria, «il proprietario mi scambio’ per una tossicodipendente perché camminavo tutta storta, spiega. «Ma nemmeno quando gli spiegai che ero disabile mi rivolse te sue scuse. Per quell’episodio piansi. Proprio io, che “non mi abbatto mai…”»

Stefania ha sempre dimostrato una determinazione eccezionale. Sulla carrozzina si e’ allenata con impegno fino a partecipare ai giochi per disabili nelle specialità atletiche del getto del peso, del lancio del giavellotto e del disco. E non ha mai rinunciato ai viaggi, sempre con la sua sedia a rotelle.

Nuovo traguardo

Poi, navigando in Internet, ha scoperto la verità. La malattia di cui pensava di essere affetta presentava sintomi che lei non riconosceva.

Approfondendo la sua ricerca si e’ imbattuta in un sito che parlava dell’esame del Dna per risalire alle origini del suo male «Mi sono presentata all’Instituto Besta e mi sono sottoposta a quelle analisi, che vent’anni prima non erano nemmeno ipotizzabili. Mi dissero di tornare due anni dopo.

Era il 2002 quando le dissero che era affetta dalla “distonia responsiva alla levodopa”, un morbo raro che provoca disturbo nel movimento ma é curabile «Mi hanno dato una medicina che viene somministrata anche ai malati di Parkinson. Con una pastiglia al giorno sono tornata a camminare!»

Camminare e non solo. Dopo il periodo di riabilitazione, necessario a causa della lunga inattività dei muscoli, ha cominciato a scalare le montagne della Val d’Ossola, dove vive, per giungere fino a quelle del Nepal, nel cuore dell’Asia. Ha esaudito due dei suoi piu’ grandi desideri: lavorare come volontaria con i bambini del Kosovo e portare a termine la traversata Devero-Veglia insieme allo zio guida alpina. «Per 23 anni l’ho pensata giorno e notte come un sogno impossibile dice la giovane commossa. Ora nella sua testa c’e’ spazio solamente per un nuovo traguardo e per un grande sogno: «Ho in mente il Perú meta per la mia prossima escursione», dice. «E nella vita vorrei aiutare gli altri, stare vicina a chi ne ha bisogno come i miei amici e la mia famiglia hanno fatto con me».